Siamo partiti, l’anno scorso, con l’immagine dell’ecosistema di un bosco ricco, variegato e complesso, capace di emanare profumi e riflettere i colori nelle nostre comunità. Esistono altre componenti – dentro e fuori dal bosco – che fanno comunque parte di questo ecosistema: sono ‘le erbacce’, quelle che nascono, crescono e, a volte, si moltiplicano. Credo si debbano produrre nuovi strumenti, che sia utile ripensare il modo in cui si osservano le cose: è utile attrezzarci per rispondere a una crisi, o meglio a un “sistema-erbaccia” particolarmente mordente e complesso. Ripartiamo ragionando sull’identità del volontariato e sul suo ruolo, pensiamo a quali responsabilità abbiamo o vorremmo avere all’interno di un sistema socio-politico e istituzionale che troppo spesso non riesce più a garantire a tutti i cittadini gli stessi diritti.
Appare sempre più evidente la drammatica differenza tra il numero di persone in stato di grave emarginazione sociale ed economica e il tipo di risposta data delle istituzioni pubbliche e dal mondo del non profit e del volontariato. La crisi di fatto sta facendo precipitare nel bisogno una moltitudine di persone. Si è creato un cortocircuito tra la capacità di risposta dei servizi sociali istituzionali, sovraccarichi di richieste, e i soggetti del privato sociale. La grande fabbrica e il lavoro dipendente ormai sono solo una ridotta percentuale del nostro sistema economico. Non è diminuita la “solitudine urbana”, essendo aumentate la fragilità delle reti sociali e famigliari. La crisi evidenzia anche l’incapacità del sistema dell’istruzione di sostenere una reale crescita culturale, così come l’inserimento nella società dei giovani. Il volontariato non può e non deve dare risposte complessive e risolutive, ma sicuramente deve fare i conti con la situazione attuale. Il volontariato stesso, d’altra parte, sta mutando:
- il patrimonio di impegno solidaristico e sociale è un sistema che cambia nel tempo perché è il frutto delicato di pratiche e culture che attraversano le generazioni
- azioni e culture cambiano perché capaci di esprimere, in forme e contenuti nuovi, nuove definizioni per andare oltre i vecchi e usurati schemi. Ciò avviene di pari passo col mutare delle condizioni sociali, economiche e politiche.
- se cambiano gli scenari nessun soggetto sociale potrà non prenderne atto
Quindi che fare? La risposta più immediata è: organizzare la “protezione civile” dello stato sociale. È bene ricordare che, prima di fare, nell’azione vengano rispettati alcuni valori costituzionali relativi al rispetto e alla dignità della persona. Non può esserci solidarietà senza giustizia: il volontariato non è solo una palestra di azioni solidali, ma anche un moltiplicatore di relazioni in grado di stimolare tutti, così come previsto dall’articolo 3 della Carta Costituzionale. Guardiamo ai nuovi fenomeni dell’esclusione sociale, come per esempio l’inattività dei giovani che non studiano e non lavorano. Può il volontariato assumersi il compito di contribuire alla motivazione di questi cittadini, all’invito alla ricerca di una propria identità affinché essi possano esercitare in pieno i loro diritti e doveri di cittadini?
Ci sono alcune parole chiave su cui riflettere:
- ESSERE: il volontariato è una proposta preziosa per sperimentarsi in un’azione culturale e politica, in un lavoro di servizio con il fine di consolidare la costruzione del bene comune e una maggiore giustizia sociale. Fermo restando il cardine fondamentale della “Carta dei valori”, quale identità è richiesta? Oggi il volontariato ha gli strumenti per affrontare con le competenze necessarie il contesto in cui ci troviamo?
- FARE: tradurre in azioni concrete il proprio sistema di valori. Quali azioni vanno compiute e verso chi dobbiamo rivolgerle per generare il cambiamento che le mutate condizioni socio-economiche richiedono?
- RICOMPRENDERSI: il volontariato deve sentirsi , oggi più che mai, soggetto sociale di grande fertilità progettuale e fecondità innovativa, per essere promotore e portatore di un cambiamento culturale, generatore di coscienza critica più che gestore degli scarti residuali dell’emarginazione. In che modo ritrovare lo spirito della fecondità?
- RICOLLOCARSI: il volontariato deve decidere da che parte stare, non può rimanere neutrale, non può starsene in un angolo mentre in Italia i poveri sono sempre più numerosi mentre i ricchi diventano sempre più ricchi, o mentre una larga fascia di popolazione non è ancora garantita a nessun livello sociale, economico e culturale, quale ruolo politico deve giocare il volontariato?
- RICOLLEGARSI: superare la frammentazione, costruire collegamenti che consentano di essere incisivi. I problemi che siamo chiamati ad affrontare hanno raggiunto una complessità tale da rendere impossibile trovare una qualsiasi soluzione senza prevedere l’aiuto degli altri. Come possiamo riscoprire l’appartenenza a una comunità che ci fa essere solidali e lavorare assieme per una coesione sociale ed in difesa dei beni comuni?
- PARTECIPARE: c’è un forte bisogno di tornare a esprimere sentimenti, cuore e passione per far sì che in questa società chi ha di più dia a chi ha di meno: la partecipazione è l’essenza della cittadinanza attiva per una società più giusta e solidale. Vogliamo superare le frustrazioni e le depressioni che caratterizzano la stagione che stiamo vivendo contrapponendo passione civile e solidale affinché contamini la nostra società in una visione sistemica di giustizia sociale. la partecipazione è l’essenza della cittadinanza attiva per una società più giusta e solidale. Serve superare le frustrazioni e depressioni che caratterizzano la stagione che stiamo vivendo contrapponendo passione civile e solidale affinché contamini la nostra società in una visione sistemica di giustizia sociale.
Giorgio Reali, presidente del Cisvol – Centro di Servizio per il Volontariato